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al testo di Pietro Menditto
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La malinconia degli agrumi soffre sospesa un esoterico decreto. Stilla il loro succo e umettano lento il suo segreto le labbra secche della morte. Sedulo un merlo fanatico le fa corte che a zampe pari fiero s’approssima al cospetto delle tre carte della sorte. Non sarà un caso che un sentore di carnevale preceda il tripudio del Natale. E’ il giorno più breve dell’anno e non varrà in tale deserto la pompa boriosa degli sbandieratori a inorgoglire la larva del mondo che solo può il vanto del serto acrimonioso di queste ore d’accidia. Dio aspetta il fasto d’un nuovo nome vittorioso ma il poeta non è un teologo, e il suo è un impero realistico e vanitoso. E’ lo zodiaco più ermetico del cerchio, ghiaccio che prese fatidico forma nel rapprendersi in un teschio che ride agli anni che verranno, al trionfo penoso degli imperterriti scavatori di polvere provvisoria presa per ori ed è qui tutta la gloria di questo intridersi vano di giorni che fasciano anime di vento, disfarsi stento di fiati anonimi alle pretese della memoria. Braccia che levano al cielo neonati i frutti marci che compongono la storia.
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